La Chiesa sta lì da duemila anni.
Ha avuto alti e bassi, certo, ma non ha mai ceduto.
Ha resistito a scismi, eresie e scandali. Ha superato indenne il progresso scientifico, il comunismo, la rivoluzione sessuale.
È bastato aspettare, avere pazienza, mantenere il sangue freddo e pensare a lungo termine. Con così tanta storia alle spalle, non si ragiona sul domani o dopodomani (come fanno solitamente i governi), si pensa davvero al futuro: venti, trent’anni avanti. Anche di più. Una partita a scacchi con un tempo illimitato per ogni mossa.
Così, ora, quando passerà la legge sulle unioni civili, la Chiesa non farà niente. Non subito. Ma inizierà a preparare la sua contromossa. Sempre che non abbia già iniziato.
Potrebbe, per esempio, crescere una generazione di persone con una certa mentalità, aiutarle in un percorso personale, di studio e lavorativo, fino a farle diventare piccoli amministratori della cosa pubblica. Che so, sindaci.
Sindaci obiettori di coscienza.
Che i gay non li sposano perché è peccato.
Un po’ come con la storia dei medici e dell’aborto.
Un piano che avrà bisogno di almeno trent’anni, per funzionare.
Ma che vuoi che siano trent’anni, quando ne hai più di duemila?