Un’altra cosa che mi è capitata, di recente, è questa. Ero in treno, uno di quelli con pochi fronzoli e ogni tanto mancanti anche proprio dell’essenziale, ma che hanno questa impressionante capacità di fare quasi mai ritardo, e se ne fanno ne fanno pochissimo (certo, ci mettono di più ad arrivare, ma io di solito non ho fretta), e insomma a un certo punto si sente l’altoparlante che dice “Avvertiamo eccetera eccetera che nella stazione di eccetera eccetera saliranno dei tifosi, e quindi i gentili signori presenti nelle ultime tre carrozze sono pregati di spostarsi altrove”, e lo dice con un tono che il cervello capisce “Hanno trovato degli Unni che vagavano disorientati dai tempi delle invasioni barbariche, li riportiamo a casa nelle ultime tre carrozze, stanno per salire, fuggite sciocchi!”. Così prendo armi e bagagli (che è un modo di dire che col clima che c’è è meglio lasciar stare), e insieme a tre vagoni non pienissimi di gente mi dirigo verso la testa del treno, e alla fine trovo un posto. L’altoparlante dopo un po’ ripete l’avviso, e l’immagine di uomini barbuti e vestiti di pellicce che scendono forsennati dalle colline roteando asce e spade attraversa la mente di ognuno. Stiamo tutti lì in tensione per una buona mezz’ora. Poi arriviamo alla stazione degli Unni, appiccichiamo gli occhi ai finestrini, e non sale nessuno. Aspettiamo la mandria, controlliamo, ascoltiamo, e la mandria non arriva. Non si vede un tifoso nemmeno a offrirgli un biglietto in tribuna imperiale. Poco dopo ripartiamo. La delusione è palpabile. E le facce hanno tutte quell’espressione che vuol dire “Vuoi vedere che la storia, sui barbari, ci ha ricamato sopra?”.