Giuro che non mi era passato nemmeno per l’anticamera del cervello.
(l’anticamera del cervello me la immagino come la sala d’attesa di un medico, affollata però di persone tutte un po’ montate male, fatte di mattoncini Lego, coi pezzi giusti solo messi al posto sbagliato, che sarebbero i pensieri ancora non formati a dovere, in attesa di entrare nel cervello e farsi sistemare, e diventare così pensieri ben definiti)
Quando ho intitolato questo libro Eccì, non ci ho proprio pensato. Cioè, sapevo fin dall’inizio che dovevo intitolarlo così. Per forza, visto che i veri protagonisti erano degli starnuti. Però non avrei mai immaginato che poi, quando mi sarei trovato di fronte a qualcuno interessato, le cose sarebbero andate più o meno in questo modo:
– E così hai scritto un altro libro.
– Eh già.
– Come s’intitola?
– Eccì.
– Salute!
Così adesso mi è preso un dubbio: quando dico che s’intitola Eccì, il mio libro, dovrò mica mettermi la mano davanti alla bocca?
Comunque, a parte questo – che, mi rendo conto, è un problema mio – se volete leggerlo, lo trovate qui.