Giovedì 11 giugno, poco prima delle 16 ora della Pubblica Amministrazione (c’è un orologio atomico per le pause caffè dei dipendenti pubblici, in caso non lo sapeste), dopo una permanenza da record sulla Stazione spaziale internazionale, Samantha Cristoforetti è tornata sulla Terra. È salita sulla Soyuz, che è l’equivalente astronautico della Panda 4×4, ed è rientrata insieme ad altri due astronauti. Due uomini. Non l’hanno lasciata guidare nemmeno un minuto.
Si potrebbe pensare che il viaggio di ritorno sia più facile, visto che è tutta discesa, ma non è così. Lo stress psicologico è fortissimo: si trascorre almeno la prima parte del volo consumati dall’ansia di essersi dimenticati qualcosa sulla ISS. Né la NASA né l’ESA organizzano missioni di recupero per un pettine o per quella t-shirt dei Joy Division a cui si era così tanto affezionati; inoltre, in base a una legge britannica del 1729, nello spazio dopo tre mesi scatta l’usucapione.
Il rientro della Spedizione 42 è filato liscio e l’atterraggio in Kazakistan (dove invece di dire Dalle stelle alle stalle dicono Dalle stelle a un posto comunque mica male) è stato seguito dal vivo da più di cento mandriani.
Ora gli astronauti dovranno trascorrere un certo periodo di tempo per riabituarsi alle condizioni terrestri, alla TV generalista in primis. In particolare Samantha Cristoforetti dovrà affrontare il trauma del riacquistare peso proprio in vista della prova costume.
Una delle questioni più delicate del rientro in atmosfera è quella della temperatura. A causa dell’attrito con l’aria infatti gli oggetti che dallo spazio vanno incontro alla Terra devono vedersela col surriscaldamento. Per ovviare a questo problema i veicoli spaziali sono dotati di appositi scudi termici che li preservano dalla disintegrazione e limitano il problema a quello di un’abbondante sudorazione dei passeggeri a bordo.
Mentre in astronautica questo surriscaldamento rappresenta un problema da risolvere in altri campi potrebbe essere sfruttato per nuove applicazioni.
In gastronomia per esempio il rientro atmosferico potrebbe essere utilizzato come nuovo metodo di cottura.
Ovviamente non possiamo prendere una costoletta di maiale e lanciarla verso la Terra senza protezione alcuna, perché si disintegrerebbe (e sarebbe un vero peccato). Ma non è così difficile immaginare appositi veicoli che invece di uno scudo termico che protegga completamente il contenuto che trasportano ne abbiano uno che quel contenuto lo fanno cuocere a puntino. È solo questione di calibrare struttura e materiali in modo da ottenere la cottura desiderata. Basteranno poche cene a tema per risolvere i dettagli tecnici e sperimentare diverse soluzioni e ricette.
Dopodiché il limite è solo l’immaginazione (e il conto).
Insieme a satelliti civili e militari e stazioni spaziali di ricerca orbiteranno attorno alla Terra anche le cucine d’importanti ristoranti specializzati. Per esempio la ISS (International Space Steakhouse) caricherà appositi moduli di cottura con bovini pregiati e spezie selezionate e li invierà sulla Terra, dove un’apposita squadra di chef addetti al recupero li trasporterà nel ristorante per tagliarli e servirli belli caldi. Altri invece si specializzeranno in grigliate di pesce, altri ancora in contorni. La pasticceria richiederà un po’ più di tempo probabilmente, per il comportamento esotico delle creme in assenza di gravità.
Il futuro della gastronautica è a portata di mano.
Alzate gli occhi al cielo e buon appetito.
Qualcuno, e non proprio il primo che passa, si era già confrontato con un’idea simile ed ha anche svolto un paio di calcoli. Lascio il link qui, non si sa mai… 😉
http://what-if.xkcd.com/28/
Decisamente non il primo che passa 🙂 Grazie!