C’è questo libro di Mauro Orletti, che s’intitola Piccola storia delle eresie, che in un certo senso è una storia di vicoli ciechi. La Chiesa che conosciamo oggi, infatti, coi suoi riti e le sue dottrine, ha impiegato diversi secoli per assumere un’immagine definita, monolitica, e lo ha fatto eliminando uno dopo l’altro i tanti percorsi alternativi che aveva a disposizione, dichiarandoli eterodossi.
Pensiamo spesso che la Chiesa sia un enorme blocco di marmo con su incise verità eterne, quando invece quelle parole sono state scolpite nel tempo, da uomini molto diversi con convinzioni molto diverse e in epoche distanti. Non ci farebbe male averlo sempre bene in mente.
Fra le tante vie non prese che si trovano nel libro, a pagina 49 c’è anche quella degli Adamiani:
In molti idealizzarono la nudità di Adamo nel Paradiso Terrestre. La si considerava, in un certo senso, il simbolo dell’innocenza dell’uomo prima del peccato originale, quando il corpo era semplicemente un dono di Dio e l’uomo e la donna non sapevano cosa fosse l’attrazione fisica e non sentivano l’esigenza di accoppiarsi.
Per questo motivo gli Adamiani, membri di una piccola setta attiva fra il secondo e il terzo secolo, credevano che la loro chiesa fosse il Paradiso. Prima di entrare in Paradiso lasciavano i vestiti in una sorta di guardaroba celeste, quindi si riunivano in assemblea nudi, nudi ascoltavano le letture, nudi pregavano, nudi celebravano i sacramenti e sempre nudi mangiavano e bevevano.
Epifanio di Salamina si divertiva moltissimo a domandare se d’inverno, in Paradiso, venissero accesi fuochi per proteggersi dal freddo, come accadeva durante le assemblee degli Adamiani, i quali – avendo l’obbligo di togliere i vestiti prima d’iniziare – improvvisavano il loro Paradiso in stanze riscaldate.