Ogni epoca è attraversata da interrogativi, da quesiti fondanti. Questo nostro tempo è dominato da una domanda, più di ogni altra: che tatuaggio mi faccio?
Viviamo anni in cui i migliori parametri per dividere la popolazione in classi sociali sono il tipo e la posizione dei tatuaggi: i Tribali del polpaccio, gl’Intrecci arabeggianti della caviglia, le Frasi famose dell’interno avambraccio, i Codici a barre del retro collo, gl’Ideogrammi cinesi della spalla (che di solito significano “questo non è un tatuaggio”), i Gigi D’Alessio dell’inguine.
Per evitare di rimaner tagliato fuori da ogni classe sociale sono stato costretto anch’io a farmi un tatuaggio, e a rispondere perciò alla domanda fatale del nostro tempo.
Mi ci sono voluti anni per giungere a una risposta soddisfacente. Poi, un giorno, stavo in piedi sul water attaccando un orologio, la porcellana era bagnata, sono scivolato e ho battuto la testa sul lavandino. Quando ho ripreso i sensi ho avuto una rivelazione: il tatuaggio perfetto.
Mi sono tatuato me stesso, nei minimi dettagli, dall’alluce ai capelli, rughe, macchie della pelle, occhiaie, barba, sopracciglia, unghie, occhi. 100% del corpo tatuato. Tutto. Tutto me stesso tatuato su tutto me stesso, ogni cosa al suo posto.
Ora faccio classe sociale a parte.
Uno che attacca orologi in piedi sul water fa già classe sociale a parte.
Tipo scienziato pazzo.