Non bisogna sottovalutare la grande opportunità che ci è offerta dal governo Renzi. Esso possiede infatti alcune peculiarità che ne fanno un naturale punto di (ri)partenza per una nuova grande stagione democratica.
Innanzitutto non l’ha votato nessuno. Le nostre solite croci ce le siamo tenute, senza apporle su alcuna scheda elettorale. Un classico esempio di democrazia diretta dall’interno. Il potere è passato di mano finché non ha trovato un ricettacolo accogliente. Se non fosse una specie di gigantesca truffa sarebbe quasi una roba spirituale.
Poi, da più parti si sente ripetere che questo governo è una sorta di spartiacque. Per per anni non è successo niente, in termini di azione politica, e in pochi istanti è successo di tutto. Sembra di essere entrati veramente nel post-berlusconismo. Linguaggi nuovi, proposte nuove, facce nuove. Anche se non è proprio verissimo, sembra esserlo, che in Italia già basta. Fatto sta che qualcosa di nuovo c’è. Magari è peggio di prima, ma questa è un’altra questione.
Queste due qualità fanno del governo Renzi il punto spaziotemporalmente deputato a un cambio di passo, uno switch, che è una vera rivoluzione copernicana.
Abbiamo l’occasione di riformare quel vecchio e scrostato pilastro che si chiama voto. Possiamo finalmente risolvere il più grande paradosso dei sistemi democratici, e cioè il voto a priori, l’elezione basata sulle promesse e non sulla concreta azione di governo. Così com’è ora è una scommessa, non un voto.
A scuola vi davano forse il voto prima dell’interrogazione?
Da questo momento, da Renzi in poi, il voto non sarà più una speranza, un salto nel buio. Si tratterà di una seria valutazione dell’operato. Le elezioni non saranno più un lancio di dadi, ma un concreto approvare o bocciare coloro che hanno governato fino a quel momento, e che, se lo meritano, saranno confermati alla guida del Paese. Altrimenti si cambia. E alle prossime elezioni si valuteranno quegli altri e il loro lavoro. E così via.
Come periodo storico, si potrebbe chiamarlo Soddisfazionismo.