Ora che le acque si sono calmate, ci sta bene un piccolo resoconto.
Venerdì scorso, verso le 14, scorrendo Facebook, mi passa davanti l’ennesima notizia riguardante la diatriba sui compiti scolastici, ovvero quel filone polemico messo in moto di recente dalla lettera di un padre che faceva presente alla maestra di suo figlio che il bambino non aveva fatto i compiti per le vacanze, perché a questi ultimi erano state preferite altre attività ed esperienze. Lettera che non era rimasta nell’ambito di uno scambio privato genitore-insegnate, ma anzi era stata pubblicata online, trasformandosi in una sorta di manifesto. Lettera – e pubblicazione sui social, nonché conseguente polverone – a cui più di recente ne è seguita un’altra, riferita più precisamente ai compiti quotidiani. Lettere entrambe riassumibili nello schema: i bambini, fuori da scuola, devono vivere e non pensare ai compiti.
Così, leggendo anche solo il titolo della notizia, mi si è accesa la lampadina per una gag da pubblicare su Facebook. Cosa questa tutt’altro che inusitata, visto che i miei post, sia qui che sui vari social, sono quasi esclusivamente umoristici o satirici, come ben sanno i miei lettori abituali. Per quanto riguarda tutti gli altri, beh, chi ci pensava che l’avrebbero letta?
Comunque, la gag era l’ennesima lettera sui compiti, questa volta però scritta da una maestra. Eccola qui:
Trascurando anche il dettaglio del titolo del post in cui era inserita l’immagine (“What if”, che significa “E se”, nel senso di “Facciamo finta per un attimo che possa accadere una roba del genere”), che fungeva giusto da rafforzativo ipotetico, sia la comunicazione in sé che il linguaggio usato erano visibilmente irrealistici, scherzosi. Mai avrei pensato che qualcuno avrebbe potuto prendere sul serio una lettera simile. E invece.
Avendo pubblicato il post alle 14.30, orario non proprio fortunato in termini di pubblico, mi aspettavo con un po’ di fortuna qualche decina di like in tutto. Una o due condivisioni, se fosse andato molto forte. Risultati comunque ampiamente nei limiti di quelli che sono i miei numeri su Facebook. Con queste aspettative in mente, dopo aver pubblicato la lettera me ne sono disinteressato per circa un’ora.
Quando, verso le 15.30, sono andato a controllare, il post aveva circa 20 condivisioni. Wow!, mi sono detto, Successone! Avevo anche guadagnato qualche follower (persone cioè che seguono i miei aggiornamenti su Facebook) e avevo in sospeso alcune nuove richieste di amicizia. Già così, il post era andato ben oltre le mie aspettative. Non avevo idea di quello che stava per succedere.
Ora, non ho bene in mente quando e come sia scattata la viralità, so solo che a un certo punto, semplicemente, i numeri sono esplosi. La condivisione da parte di personaggi conosciuti e molto seguiti (ex Luca Bizzarri, Selvaggia Lucarelli; non ho idea di come il mio post sia “arrivato” fino a loro) ha ovviamente contribuito in buona parte ad amplificare il fenomeno, che a un certo punto ha assunto andamento esponenziale, nel senso di decine di condivisioni al minuto e un corrispondente numero di richieste di amicizia (che ho declinato per un buon 95%) e di nuovi follower.
A parte il picco impressionante del venerdì, la viralità ha continuato a fare la sua parte anche i giorni successivi, diminuendo costantemente e riaccendendosi un po’ quando a proposito della vicenda sono usciti alcuni articoli online (e sì, sono stato intervistato!). La solita piacevole calma piatta si è ristabilita più o meno verso martedì, anche se ci sono stati, e ci sono ancora, forse per qualche tardiva condivisione “importante”, alcuni ulteriori picchi di nuovi follower e di richieste di amicizia.
Allo stato attuale, il post ha i numeri che vedete qui sotto. Dalla sua pubblicazione ho guadagnato circa 1100 follower e ho ricevuto più o meno un numero equivalente di richieste di amicizia.
Al di là dei numeri, che dal mio punto di vista di piccolo spacciatore di cialtronerie sono impressionanti, diversi ordini di grandezza superiori a quelli che incasso di solito, le considerazioni da fare sulla vicenda sarebbero materia da sociologi o antropologi.
Dal mio punto di vista, la cosa più sorprendente è stata (e dalla discussione che è venuta creandosi sotto al post, e che ovviamente ho letto il meno possibile, emerge chiaramente) che molti, mi viene da dire troppi, hanno preso la lettera sul serio. La lettera alla lettera (e così è placato anche il demone ludolinguistico). E hanno reagito di conseguenza, attaccando, nella varie tonalità che vanno dal redarguire scandalizzato fino all’insulto minaccioso, la maestra, cioè, secondo loro, il sottoscritto, la cui faccia barbuta spicca nella foto del profilo Facebook. Mirabile esempio estremo, un commentatore che mi ha dato della puttana e ha minacciato di orinarmi addosso. A ognuno le sue perversioni.
Ovviamente non sono mancati coloro che, coi loro commenti, hanno cercato pazientemente di spiegare, a chi aveva preso la cosa sul serio, che si trattava di un post ironico. Riuscendoci raramente mi sa. Altri invece (GIAO ex ffers!) hanno preferito trollarli, ricavandoci un po’ di risate, sebbene amarognole.
Tra le tante considerazioni finali possibili sulla vicenda, ce n’è una che desta preoccupazione più di tutte; o che rallegra più di ogni altra, se uno è un agente del caos. Queste persone che mi hanno preso sul serio, questi non coglitori dell’ironia, questi spiriti ben poco critici (quantomeno per quel che riguarda ciò che incontrano sui social network), io, sebbene involontariamente, li ho manipolati. Ho fatto credere loro il non vero, li ho aizzati, li ho trascinati in un campo di battaglia. E se sono riuscito in questo senza nemmeno volerlo, non oso pensare cosa possa fare chi lo fa consapevolmente, con mezzi appropriati, e con l’obiettivo del potere.
Posso dirti la mia? In due punti.
Primo: la “manipolazione” di cui parli è solo virtuale. Come tutte le manipolazioni su Fb e strumenti affini. Se avessi chiesto ai tuoi xmila followers (perdonami la parola) di seguirti in piazza alle 18, ne sarebbero arrivati forse due. Forse.
Secondo, il più importante. Quando dici: “L’ho scritto per scherzo e molti ci sono cascati. Quanti ne avrei conquistati con l’obiettivo di farlo?”, ti dico che non sarebbe andata così. Le persone ti hanno creduto proprio per la leggerezza con cui hai scritto. L’avessi fatto con un obiettivo preciso non sarebbe andata così. Ovvero: manipolare è possibile, come dimostriamo benissimo noi italiani, ma per niente facile come appare. Buon proseguimento!
Sulla facilità o meno sono d’accordissimo: ci vogliono mezzi e tecniche, oltre che obiettivi. Ma la soglia di manipolabilità non è così alta come credevamo, probabilmente.
Certo, nessuno mi avrebbe seguito in piazza. Ma quanto successo è il prodotto di un solo post. Immagina una campagna di questo tipo per N mesi o anni, con risultati del genere. A quel punto sarei stato in grado di mobilitare “fisicamente” eccome.
Caro Mix,
come tu hai ben evidenziato certe “campagne manipolatorie” sono in piedi da anni e trascinano già molte persone nelle piazze da tempo, è che con il web tutto avviene più facilmente e rapidamente.
La parte tragica della faccenda è che tutti i maggiorenni che hanno commentato il tuo post credendolo vero hanno il diritto di voto……..
Sì, essi votano. Speriamo bene.