Non è che potete passare tre anni a scrivere “stay foolish” dappertutto e pensare che qualcuno non la faccia sul serio, prima o poi, una follia.
Non è che potete mettere uno all’angolo, bersagliarlo, schiacciarlo col potere mediatico, col potere partitico, persino con quello religioso – che se c’è bisogno e non c’è molto da sporcarsi non si tira mai indietro – e poi pensare che, suonato il gong, si aggiusti la cravatta, saluti tutti con bonomia e si ritiri in sordina gettando la spugna.
Non è che potete tirar su un manicomio e poi scandalizzarvi perché dentro ci sono i matti.
Non c’entra nemmeno la politica, c’entra la persona.
Non è che potete chiedere che si comporti dignitosamente uno che la dignità gliel’avete strappata via sulle prime pagine dei giornali.
Non è che potete pensare che uno così, già un po’ matto di suo (perché se crei un registro per le unioni civili a Roma, dove ci sono più preti – e che preti! – che fontane, un po’ matto lo sei per forza), se gli togliete ogni altra alternativa, poi non fa il matto.
(cioè, pensate che per i kamikaze, quella di mettersi dell’esplosivo addosso e farsi brillare tra la folla sia solo una delle numerose opzioni che hanno a disposizione quel giorno?)
Non è che uno che ha la possibilità di essere un bel dito in culo al partito che l’ha abbandonato ci pensa su due volte.
Non è che potete pensare che uno già bruciato abbia paura delle fiamme.
Capito PD?
Poi, se vogliamo lasciar perdere questa psicologia spicciola, le emozioni e le reazioni, la psiche, e fare un discorso pragmatico, di partito, di struttura e organizzazione, di funzionamento, di leadership, possiamo anche farlo, PD.
E la prima domanda è: come c’è arrivato un matto a fare il sindaco di Roma?
Secondo me, a sindaco di Roma un matto ci poteva arrivare solo se candidato e votato da gente come lui. Cioè matti. Da legare, aggiungo io.
Quindi candidano un matto, eleggono un matto, e poi si lamentano che è matto. Boh.
Beh i matti fanno così: sono gli altri ad essere matti, mica loro!