Chiariamo subito: non c’entra la politica. Non c’entrano Salvini, la mitologia norrena, il verde, l’economia del Nordest e le felpe. Non c’entrano la xenofobia, il razzismo, la giustizia privata da cortile e l’antieuropeismo. Queste sono tutte conseguenze, eventualmente.
Per quanto mi riguarda il leghista è un tipo antropologico, una sottospecie – in senso tassonomico – dell’homo sapiens. Sebbene più affine, dal punto di vista etologico, al bovino, il leghista può trovare facilmente collocazione all’interno di quelle classificazioni che per secoli, fin dai tempi di Ippocrate, hanno suddiviso l’umanità in quattro grandi ripartizioni, o temperamenti. Più precisamente, il leghista è assimilabile al cosiddetto “collerico”, pur non mancando, come tutti gli umani, di dosi minori di tutti gli altri temperamenti (sanguigno soprattutto, poi melanconico e flemmatico).
E questa collericità, questa bovinità (che sia dello sguardo vuoto e ruminante o della corsa folle verso un nemico immaginario), questa leghisticità in certe ben specifiche e non molto ricorrenti occasioni appartiene anche al sottoscritto. A volte, non mi tiro certo indietro dall’ammetterlo per ipocrisia, divento leghista.
Mi succede quando incontro i cosiddetti tappi. Ovviamente non ce l’ho con le persone basse, altrimenti sarei il peggior nemico di me stesso. Con “tappo”, in questo caso, intendo un raggruppamento di persone (da 2 in su) che, impegnate quasi sempre in una discussione, si piazzano esattamente in un punto di passaggio, una strettoia, un collo di bottiglia, impedendo il normale e comodo transito di una folla.
Trovo inconcepibile che persone dotate di un minimo di buon senso possano, per quanto il discorso sia coinvolgente, non rendersi conto di quanto sono da intralcio in quel frangente, e che basterebbe scanzarsi appena di qualche metro per risolvere il problema. È una roba che, detto in breve, mi manda ai matti.
Così, davanti a una situazione del genere, dovendo superare il blocco, la mia parte raziocinante si ritira in un angolo, le arterie iniziano a pompare umore nero, le vene si stringono, la vista viene offuscata da una alone rossiccio, i nervi si tirano, la testa s’inclina in avanti e i più bassi istinti si scatenano, liberando ferocia e collera, trasformandomi in un leghista. Attraverso allora il tappo caricando, sfondandolo, prendendo a spallate chiunque si frapponga, fermo o in movimento, colpevole di staticità o triste innocente anch’egli vittima dell’immobilità di quei pochi, le mie orecchie sorde a qualsiasi lamentela, insensibile agli impatti e alle civili rimostranze.
Superato il tappo, la pressione torna normale, lo sguardo schiarisce, il malanimo precipita. Scuoto via il breve picco ferino, le arterie tornano a pompare umanità, la collera viene diluita, tornando ai soliti livelli minimi, e continuo per la mia strada con appena un leggero malessere, che svanisce entro pochi passi.
E da leghista, torno una persona normale.
Sei di sinistra, lo si comprende da come scrivi (una volta avrei scritto lo si evince dal tuo caratteristico stile di scrittura).
Ma non ti preoccupare è una malattia che affliggeva anche me stesso, dalla quale col tempo si guarisce senza nemmeno prender medicine.
Si capisce dalla punteggiatura, vero?