Noi Italiani, un po’ per tradizione un po’ per pigrizia, siamo affetti da una forma cronica di quella patologia che potremmo definire la “Non ce la possiamo fare”, ovvero un misto di autodenigrazione, pessimismo, vittimismo e maniavantismo che ci permette quasi sempre di tagliare corto sui problemi che ci affliggono per tornare a giocare con la PlayStation.
Gli attacchi più acuti di questa malattia ci colgono soprattutto quando scatta un confronto tra noi come nazione e qualsiasi altro paese del mondo. Tolta la gastronomia, che difendiamo come pitbull in debito d’ossigeno, in qualsiasi altro settore ci sentiamo inferiori, sconfitti, senza speranza.
Quando poi il paragone è con la Germania, ci ritroviamo così abbattuti che l’unico modo per riprendersi è pensare a Civati.
Soprattutto negli ultimi tempi, i Tedeschi ci stanno dispensando talmente tante lezioni e in talmente tanti campi dell’agire nazionale che quella profonda antipatia che spetta di diritto al primo della classe è stata polverizzata dall’ammirazione.
E anche quando pensiamo di aver trovato una questione che ci permetta di dar loro addosso, come per esempio l’immigrazione, eccoli che in un attimo se ne escono con una mossa brillante che gli fa riconquistare rispetto e posizione, e ci fa tornare al nostro posto con la coda fra le gambe e un 3 e mezzo nel registro.
Ma il confronto più devastante con la Germania è quello economico. Non possiamo non chiederci, in preda allo stupore, come abbia fatto un paese uscito disintegrato e diviso dalla seconda guerra mondiale a tornare così in fretta sul podio delle potenze economiche.
Come ha fatto la Germania?, ci chiediamo. Da dove vengono tutte queste risorse? Qual è il suo segreto?
Ebbene, il segreto della Germania, noto solo a pochissimi, risiede nell’ultima decisione presa in vita da Adolf Hitler.
Il 30 aprile del 1945 infatti, nel bunker di Berlino, prima d’ingerire una pastiglia di cianuro e spararsi un colpo di pistola e, per sicurezza, ferirsi con un chiodo arrugginito, il Führer firmò un documento in cui registrava il marchio Nazismo© e ne regolava i diritti di sfruttamento per i successivi 70 anni.
Con allucinata lungimiranza, preconizzando quanti studi e quante discussioni sarebbero sorti negli anni a venire a proposito di quel periodo folle della storia, e immaginando il profondo stato di prostrazione economica in cui si sarebbe ritrovata la Germania di lì a poco, volle assicurare al suo popolo la possibilità di risorgere in fretta dalle ceneri, in modo da ritentare il prima possibile la conquista del mondo.
Così, dal 1945 in poi, qualsiasi utilizzo del Nazismo© in opere letterarie, documentari, film, e più tardi nei forum web e nei social network, ha portato, anche se pochissimo alla volta, denaro nelle casse tedesche.
I documentari di History Channel o dell’Istituto Luce, le opere di Primo Levi o Hannah Arendt, film come Schindler’s List, La vita è bella o Natale a Berlino, e tante altre opere di varia natura e qualità, tutte sono state segretamente fonte di guadagno per la Germania.
Ma non solo. Ogni volta che avete utilizzato una reductio ad Hitlerum in una discussione online, ogni volta che avete usato il paragone col Nazismo© in un commento su Facebook, qualche spicciolo è entrato nelle casse tedesche. I neonazisti da soli fanno un punto e mezzo di PIL.
Ecco qual è il grande e oscuro segreto della Germania. Ecco come ha fatto.
Se in qualche modo può rincuorarvi, alla fine dell’anno i diritti sul Nazismo© scadranno. Dopodiché i Tedeschi dovranno farcela da soli anche loro.