Leggendo il curriculum di Samantha Cristoforetti, da meno di un paio di giorni prima donna italiana nello spazio e attualmente inquilina della Stazione spaziale internazionale, mi sono reso conto che per recuperare, rispetto a tutto quello che ha fatto lei, che ha circa la mia età, dovrei salvare uno scuolabus in bilico sul Golden Gate e con l’altra mano preparare il miglior profiterole della storia cantando un’aria di Verdi mentre palleggio con delle arance, il tutto ovviamente da bendato e iscritto alla CGIL.
Eppure, seguendo il lancio e le prime fasi della missione sulla ISS, non ho potuto fare a meno di notare come, nonostante le lauree e la sua carriera di pilota militare e le cinque lingue parlate, nonostante sia arrivata in fondo a una selezione che la vedeva in gara con altri 8500 aspiranti astronauti, nonostante tutta la preparazione fisica, psicologica e tecnica che ha preceduto la missione, nonostante abbia praticamente passato tutta la vita in vista di questo traguardo, nonostante tutto ciò, nelle immagini che la ritraggono nelle ultime ore abbia negli occhi uno sguardo di semplice e pura meraviglia, che non c’entra niente con quello della professionista iperspecializzata, e pare più quello di una bambina che sale per la prima volta su una giostra.
E come diceva quello zio di Kurt Vonnegut, “Se non è bello questo, cosa mai lo è?”.
A me ha colpito la risposta che ha dato alla giornalista che le chiedeva “È come lo immaginavi?” e lei ha detto “È molto meglio!”
Stiamo parlando di una persona che fin da bambina sognava di andare nello spazio, che ha affrontato anni e anni di studi e poi di addestramento, quindi lo spazio deve esserselo immaginato bellissimo se ci teneva così tanto. E quando finalmente è lassù ti dice che è ancora più bello. Il nome che hanno dato alla missione, Futura, mi sembra quanto mai appropriato 🙂
(e non dimentichiamo che è la missione 42 🙂 )
bella e brava. occhi sognanti. la figlia che tutte le madri vorrebbero. auguri
Hai detto tutto benissimo. Ti segno per la prossima missione.
Non c’entro, nella Soyuz. 🙁