C’è questo libro che s’intitola Vite efferate di papi, scritto da Dino Baldi, che per me è stato un piccolo scrigno di meraviglie inaspettate, nel senso che da una raccolta di vite di pontefici mi aspettavo – che so – palandrane, passi strascicati, cori echeggianti sotto alte volte, sguardi puntati al cielo, sentita spiritualità, candele, preghiere e altre cose così. Invece dentro c’ho trovato prodigi d’ogni genere, torture, corpi devastati, anticristi, fughe rocambolesche, trucchi e inganni, incantesimi, conflitti, risse, gozzoviglie e vizi d’ogni genere, insieme a qualche isolata virtù.
E immerso tra questi racconti sorprendenti di personaggi grotteschi dannatamente umani, pur con un piede nel divino, c’è anche quello riguardante il bolognese Prospero Lambertini, più conosciuto ai posteri come Benedetto XIV, di cui a un certo punto si dice così:
Si lasciava spesso andare alla parlata bolognese anche in occasioni ufficiali, e in particolare non riusciva a liberarsi dell’intercalare «cazzo». Siccome da molte parti gli rimproveravano di essere un po’ troppo sboccato per un pontefice, aveva incaricato il suo affezionatissimo maestro di camera monsignor Boccapaduli (che lui chiamava «mostro di camera», perché era bruttissimo) di stargli sempre accanto durante le udienze e di tirargli la tonaca ogni volta che gli fosse sfuggita quella parola di bocca. Una mattina presto si presentarono i camerieri segreti a riferire come al solito sugli avvenimenti cittadini. C’era stato, dissero, un incendio nel rione Monti. «Cazzo! Ci sono morti?», chiese il papa. Subito Boccapaduli dette una strattonata alla tonaca, e il papa sotto voce: Avi rason… Continuando il racconto dei fatti di Roma, ogni volta il papa li commentava con un «cazzo!», e ogni volta il servitore dava uno strappo. Alla fine, stanco di tutto quel tirare, gli urlò: «Hai rotto i coglioni Boccapaduli! Cazzo cazzo cazzo! La voglio santificare questa parola! Voglio dare l’indulgenza plenaria a chi la pronuncia almeno dieci volte al giorno!». E da allora, nessuno ebbe più da ridire sul suo modo di parlare.