Ci sono dei paesi, negli Stati Uniti, che andrei ad abitarci solo per il nome. Des Moines, Pasadena, Albuquerque. Per esempio.
Anche in Italia ci sono dei posti che mi fanno quell’effetto lì. Poggibonsi, Rovereto, Forlimpopoli.
Sono i luoghi di una mia geografia immaginaria, anche se sovrapposta a quella reale, basata sui nomi, sulla loro buffezza o buffità. C’immagino vivere gente stralunata, stramba, che fa le cose al contrario di come si fanno solitamente ma riescono lo stesso. C’immagino case col tetto in basso, alberi che crescono orizzontali, rubinetti da cui esce aria, automobili che vanno a piedi, semafori che danno la precedenza ad altri semafori, negozi aperti solo negli orari di chiusura. Paesi delle meraviglie, ma senza tanto trambusto come in Alice (che magari si era ritrovata nella capitale o nel capoluogo). Paesi delle meraviglie di provincia, ecco.
Poi certo, io a Des Moines, Albuquerque, Forlimpopoli, Poggibonsi non ci sono mica mai stato (a parte Poggibonsi che mi pare ci sono passato in treno, una volta).
Magari sono così per davvero.