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Dio petrolio

Ammettiamolo, far nascere tutte le tre grandi religioni monoteiste nella stessa zona non è stata questa gran pensata.

È vero, se escludiamo un’innata antipatia per le norme fiscali, nessuna religione è espressamente basata sull’odio.

Anzi, quasi tutte spingono le persone, se non proprio ad amarsi (il Cristianesimo in tal senso è un po’ esagerato), quantomeno a volersi bene. Anche essere indifferenti è ampiamente ammesso. Persino il disprezzo, se non dichiarato, non pone problemi. L’odio però no, nessuna lo proclama.

Il problema delle religioni, quasi sempre, non sono le religioni ma i loro utenti. Un po’ come l’alcol.

Le persone ambiscono istintivamente alla felicità, alla serenità e alla pace, anche se c’è da far fuori qualcuno per raggiungerle.

Coi politeismi non c’erano mai stati grossi drammi. Per definizione il politeista collezionava divinità, quindi non si faceva problemi a barattarle con quelle altrui.
“Tu chi hai?”
“Odino”
“Manca. In cambio ti do Cerere”.
“Affare fatto”.
In pratica il politeismo era la versione meno normata delle carte di Yu-Gi-Oh!

Gli antichi Romani partirono giusto con un paio di divinità laziali, casalinghe e pastorali e alla fine – nel senso dell’arrivo del Cristianesimo – avevano un pantheon talmente vasto da dover invocare la dea Memoria per tenerlo tutto a mente.

I monoteismi cambiarono le carte in tavola, sostituendovi le pagine dei libri sacri.

Di nuovo, non predicano l’odio: sono le persone che interpretano male quel “questo è il tuo dio, non ne esistono altri e zitto”.

“Tu chi hai?”
“Odino”
“SBAGLIATO”.

Bisogna ammettere che è un presupposto piuttosto snob, nonché rischioso.

Le religioni abramitiche (tanto per dare, di comune accordo, la colpa a uno solo), inutile negarlo, sono piuttosto spocchiose. Sebbene rispetto al politeismo siano viste come una sorta di progresso culturale (ma più che altro economico, anche nel senso del dover ricordare meno nomi), corrisposero a una tragica chiusura mentale. Tutti smisero di importare divinità e pensarono unicamente a esportare quell’unica a cui si erano affidati. Fu il fallimento del mercato comune religioso (o liberismo divino).

Nessuna religione vi dirà mai di uccidere qualcuno che crede in qualcos’altro. Al limite vi dirà di fare il maggior numero di figli possibile, per fregarlo dal punto di vista demografico.

In compenso, i monoteismi fornirono un perfetto apparato ideologico a chi già aveva in mente di fare la guerra, per motivi ben più materiali. Date a Cesare quel che è di Cesare, si dice, ma se poi Cesare è un semidio le cose si complicano.

Fatto sta che i tre grandi monoteismi, Ebraismo, Cristianesimo e Islam, funzionarono bene e si diffusero. Il Cristianesimo oggi è la religione più diffusa, con più di 2 miliardi di utenti. L’Islam, con circa un miliardo e mezzo di utenti, è secondo. L’Ebraismo in confronto conta pochissimi utenti, ma ha il 30% delle risorse economiche.

Sebbene queste tre religioni non potessero sposarsi, perché di parentela troppo stretta, la semplice convivenza avrebbe potuto funzionare benissimo, con qualche ovvio screzio ogni tanto, che è normalissimo in una relazione a tre. Solo che a un certo punto, più o meno un centinaio di anni fa, nacque un altro monoteismo, che si diffuse molto più rapidamente degli altri e in breve divenne il maggiore: il petrolismo.

(In realtà il petrolismo nacque ben prima, circa 65 milioni di anni fa, quando dal cielo proruppe una potente voce divina in forma di asteroide che spodestò la specie allora dominante, quella dei dinosauri. Solo che poi, per lungo tempo, rimase quiesciente, in attesa dei motori a combustione interna e altri ritrovati del progresso.)

Il petrolismo, che non è un religione abramitica perché Abramo non era automunito e non aveva nemmeno una pompa di benzina, al pari degli altri monoteismi è una fede basata sull’esclusione, nel senso che farne a meno è proprio da escludere. In realtà, alternative ce ne sarebbero (eolismo, solarismo, nuclearismo ecc), ma allo stato attuale convertirsi completamente e di punto in bianco non è possibile.

Questa nuova religione energetica ha il suo centro di emanazione nella medesima area in cui hanno mosso i primi passi e hanno le loro radici culturali gli altri monoteismi. Questo ovviamente ha creato grande scompiglio, perché nessuno si aspettava un concorrente così agguerrito.

Il petrolismo non fa promesse ultraterrene come gli altri. Anzi, la sua forza sta proprio nel fatto che fa promesse terrene, e nella maggior parte dei casi sotterranee. È l’unica religione infatti che pone il paradiso sotto terra, invece che nei cieli. Il petrolismo estrae l’afflato divino dalle profondità e lo rende disponibile in tutto il mondo, attraverso una rete di luoghi di culto diffusissimi, i distributori di benzina. L’afflato divino, oltre che in forma liquida e combustibile, arriva nelle nostre case anche in mille diverse forme solide, attraverso le materie plastiche.

Tutti quanti, cristiani, ebrei, musulmani, persino atei e agnostici, in un modo o nell’altro, volenti o nolenti, sono petrolisti, perché hai voglia a pregare, se il serbatoio è vuoto.

E allora, quando parliamo di guerre, o di terrorismo, e subito ci teniamo a precisare che no, non si tratta di conflitti religiosi, figurati, cerchiamo di essere un po’ meno ipocriti e ammettiamolo apertamente. Certo che sono guerre di religione. Certo che c’entra dio. Solo che quel dio è il petrolio.

Se c’è un lato positivo in tutto questo, è che il petrolismo, indipendentemente dalla potenza e dalla sincerità della nostra fede, fra cinquanta o cento anni smetterà di esistere. Il dio petrolio abbandonerà questo pianeta ormai devastato e svanirà dal pantheon.

A quel punto, forse, si potrà pregare in santa pace.

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