Chiunque abbia avuto a che fare con una platea lo sa. C’è pubblico e pubblico.
Può essere un concerto, una lettura, uno spettacolo teatrale. C’è pubblico e pubblico.
A volte bastano due note, una frase, un battuta, e lo conquistate. Altre volte non vi bastano tutti i virtuosismi di cui siete capaci.
A un certo punto non dipende nemmeno più da voi. Non potete fare niente per conquistarlo, non esiste sforzo sufficiente. Succede. Vi rifarete la sera dopo.
C’è pubblico e pubblico.
E il peggiore che riesco a immaginare, di pubblico, quello che dopo qualche canzone, dopo qualche gag, dopo qualche scena lo senti che è sveglio, presente, reagisce, l’hai quasi conquistato, poi invece niente, la catastrofe, è quello dei bollitori – avete presente? – che li scaldate bene bene, e quando sono lì belli caldi iniziano a fischiarvi.
Ok, sii esplicito: cos’è successo?
AHAHAH!! Ma no, sul serio, non c’è niente di autobiografico. Ieri mi sono svegliato, e avevo quest’idea in testa. (forse era meglio se era una roba autobiografica 😐 )