La vita, l'universo e tutto quanto Satira

I banbini

Il problema dei banbini è che a un certo punto non lo sono più, banbini. Crescono, nel senso, e diventano altro. Il che, a detta di tutti, loro compresi, è un peccato.

Se i banbini non crescessero, cioè rimanessero banbini a vita, quindi disorganizzati per la produzione di ulteriori banbini e la conseguente prosecuzione della specie, la specie umana non esisterebbe. Il che, a detta di tutte le altre specie, sarebbe un bene.

I banbini cioè soffrono di questo fail in base al quale nascono come banbini, restano banbini per un certo periodo di tempo, la cui durata varia a seconda della cultura di appartenenza, del ceto socio-economico di origine e della qualità della pelle del viso, poi smettono di esserlo. Esaminando la situazione con la lente della razionalità puntata verso il sole del progresso, non possiamo non ammettere che si tratta di un bug di sistema.

Quando il banbino maschio finisce di essere banbino diventa proto-adulto, pre-adulto, ipo-adulto, semi-adulto, meta-adulto e così via. Tende cioè all’adulto all’infinito. Per dire i limiti.

Quando il banbino femmina finisce di essere banbino, diventa adulto. Questo perché non ha grande dimestichezza con gli strumenti dell’analisi matematica e del calcolo infinitesimale, evidentemente.

Se i banbini rimanessero banbini per sempre vivremmo tutti in un stato di grazia giocosa, persi nei nostri pensieri di nuvole dalle forme insolite, di corse e rincorse, di insetti variopinti sulle ginocchia macchiate dalla linfa dei prati fioriti nel caldo sole dell’estate. Oppure saremmo già al sesto-settimo conflitto termonucleare.

Dal punto di vista del non banbino, la migliore caratteristica del banbino è l’ammonibilità, perché è dimostrato da svariati dimostratori a domicilio che il redarguimento (ma anche la redarguizione e più in generale il redarguire) come atto attivo attivi nel sistema limbico una risposta uguale e contraria, la quale, trasmessa ai neuroni a specchio, lucida l’ego e produce endorfine di svariati colori, oltre a palle di ricordi insaidautiani focalizzati sul godimento dell’autorità.

In mancanza di un banbino su cui esercitare l’ammonizione e quindi la produzione di sostanze interiori atte alla rimozione della consapevolezza della propria non banbineità, il non banbino tende a redarguire una miscela trasparente molto diffusa di azoto e ossigeno perlopiù, ma con infima soddisfazione. E quindi, gestendo a dovere il suo sub-strato corticale di non banbino tendente al banbino, si autocapitalizza e diventa imprenditore di un se stesso altro, concentrando i mezzi di produzione a disposizione (biologici e tecnologici) sul prodotto-banbino, o frutto dell’amore, come consiglia l’ufficio marketing.

Nonostante gli innumerevoli cicli produttivi, nonché gli sforzi di problem solving dell’ufficio progettazione, il bug della scadenza della banbineità non è stato risolto. Il banbino, al tempo T, muta in non banbino. Dopo un riavvio e l’aggiornamento del kernel, il non banbino (o non-più-banbino, secondo il documento finale del concilio di Nicea) startappa in automatico, e dopo aver compreso che l’estrazione del banbino interiore non è possibile per via analitica, si pone come obiettivo la programmazione a oggetti e l’interiorizzazione del banbino a volume variabile ed escatologico.

Se a un non banbino sfuggono le normative ISO e non è avvezzo alla produzione, o manca dei mezzi atti a oppure li possiede ma in un regime cooperativo o fiscalmente esente con certi minimi, può decidere di agire in un altro settore delle filiera, sviluppando una strategia commerciale atta a oppure atta o, oppure stare a provvigioni nei servizi.

In buona sostanza, per come il sistema è concepito e funziona, il non banbino ha ampi spazi di possibilità nella generazione di un se-stesso pre-termine di banbineità.

Poi, certo, c’è la concorrenza. Ma questo non dovrebbe stupirci.

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4 commenti

      1. Come si fa a raggiungere la consapevolezza della propria non-banbineità? Io a 34 anni ancora non l’ho capito.
        🙂

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